Dopo aver partecipato al FAF, è possibile partecipare ai Gruppi di Auto Aiuto, che sono piccoli gruppi di persone che hanno in comune l’esperienza del disagio psichico come familiari. Sono occasioni per rispondere ad un bisogno, superare un problema, ottenere un cambiamento attraverso l’aiuto reciproco.
Sono guidati da facilitatori con una formazione specifica e la supervisione di un professionista. I facilitatori frequentano corsi annuali di aggiornamento all’interno di un programma di formazione permanente.
La partecipazione ai gruppi è gratuita.
Supporto emotivo per:
Superare l’isolamento e la solitudine.
Mettere in comune le esperienze e imparare a parlarne.
Aumentare la fiducia in sé e l’autostima.
Scambio di informazioni e consigli per:
Conoscere meglio la malattia mentale e le sue terapie.
Consolidare la ripresa e facilitare la riabilitazione trovando strategie da utilizzare nei momenti difficili.
Migliorare il rapporto paziente-medico.
Creazione di una rete di solidarietà.
Miglioramento della qualità della vita.
Qui sotto puoi trovare una testimonianza che ti farà capire l’importanza del progetto e il perché il nostro impegno non può fermarsi.
Con il tuo 5×1000 potrai schierarti al nostro fianco e di chi ne ha bisogno.
Un gesto semplice che non costa niente.
Insieme e uniti per la mente, con il cuore.
Un tema che ritorna ciclicamente, agli incontri tra noi familiari del gruppo di autoaiuto, è la constatazione di quanto sia insufficiente (o meglio assente) il supporto offerto dalle Istituzioni nel conseguimento, da parte dei nostri cari, di un ruolo economico-sociale nel paese.
Trovare un lavoro, mantenerlo, trarne sostentamento e soddisfazioni, è una condizione eccezionale per loro.
L’importanza terapeutica che potrebbe avere un impegno lavorativo viene tralasciata anche nelle situazioni in cui l’istituzione sanitaria propone un approccio integrato alla malattia, con il connubio farmaci/psicoterapia.
In occasione dell’ultimo dei tre interessanti incontri dedicati a “Il conflitto e la psiche”, organizzati presso il Teatro della Pergola di Firenze dalla nostra Associazione, gli interventi del vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, e del dirigente scolastico di un importante Istituto tecnico fiorentino, Osvaldo Di Cuffa, hanno sollecitato una riflessione generale che si incontra con la riflessione fatta nel nostro Gruppo di AutoAiuto.
Fubini, come già nel suo saggio “La maestra e la camorrista. Perché in Italia resti quel che nasci”, ha sottolineato che l’ascensore sociale non funziona più, non si rischia di scendere quando si parte da una posizione di privilegio, non si riesce a salire quando si parte svantaggiati. Di Cuffa ha raccontato della sua esperienza diretta con ragazze e ragazzi, in maggioranza stranieri, che la nostra società relega ai margini, dentro un contesto sociale che non fa nulla per valorizzare le giovani risorse, escludendo tante persone che meriterebbero opportunità in percorsi di crescita più interessanti e dignitosi.
Questa situazione accomuna le persone migranti e ai margini a tutti coloro che hanno un corpo oppure una mente che non rientra nel concetto di “normalità”, considerati “non abili”. Solo alle persone “abili” viene garantita un’esistenza soddisfacente e autonoma, l’ingresso dignitoso nel mondo del lavoro. Per gli altri, al più si può considerare, in misura sempre più limitata, un approccio assistenzialistico, altrimenti c’è l’esclusione. A loro danno e a danno di tutti.
Angela, Giovanna e Ornella
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